giovedì 28 febbraio 2013

Tristezza, pussa via!

Bridget Jones - Google immagini

 Quella che stiamo vivendo è certamente una settimana particolare, di cambiamenti, di attese, di speranze: non abbiamo un governo, oggi il Papa si dimette e – come dire – anch'io non mi sento troppo bene.
Quando si è un po' tristi e delusi, bisogna cercare un rimedio. Tristezza, pussa via! Il più immediato e gettonato è 1) l'abbruttimento: ci si spalma sul divano con pigiami informi – orsettoni in pile per le femmine, maglina bluette con rombi optical ed elastico slandro per i maschi – in compagnia di una bottiglia di vino rosso, Cipster o confezione da 1 kg di gelato, zapping compulsivo in cerca di non si sa quale programma. Le donne si fermeranno a piangere sulla scena finale di Titanic, gli uomini si commuoveranno sul gol di Grosso di Italia-Germania dei mondiali 2006. Che scenario meraviglioso. 2) Sindrome da Pollyanna: è il rimedio di quelli che cercano un lato positivo in tutto quello che succede, hanno il sorriso Durban's perenne e si fanno vedere sempre super ottimisti, iper yeah e cisti-wow, per poi, nel loro intimo, superare la questione con il punto 1. Personalmente sono un' ottimista di natura, ma Pollyanna, una povera bambina senza genitori, con una zia un po' acida, che si sfracella le gambe e resta paralizzata, ma che c'avrà da ridere?!
3) Tornare alla origini, a quel calore famigliare di quando eravamo bambini, a quegli abbracci che ci facevano sentire protetti, a quei profumi e sapori che ci portano indietro nel tempo, in momenti felici della nostra vita. E cosa cura di più l'anima del buon cibo? E' bello riscoprire i piatti della nostra tradizione, farli rivivere e capire quanto sono ancora attuali. I capunét sono un antipasto tipico del Piemonte: dei fagottini di verza ripieni di carne, solitamente fatti con l'avanzo dell'arrosto insieme al salame cotto, alle uova, al parmigiano. Hanno un costo molto basso, che di questi tempi è motivo di grandi sorrisi. Sono buonissimi e sono perfetti anche per i bambini, in modo che mangino verdure e carne insieme. E se neanche cucinare vi fa stare meglio, allora andate a mettervi il pigiamone. Ma, come insegna Bridget Jones, fate attenzione a non finire divorati dagli alsaziani.

A casa mia...io preferisco cucinare!

Capunet

Capunet


Ingredienti

  • 300 gr di arrosto
  • 150 gr salame cotto
  • 1-2 uova (a seconda della grandezza)
  • 100 gr di parmigiano grattugiato
  • Foglie di verza
  • Sale&Pepe
  • 1 spicchio d'aglio
  • Olio evo
  • Burro


Preparazione


Trita l'arrosto e il salame cotto




Aggiungi l'uovo, il parmigiano e regola di sale. Se il composto dovesse essere troppo asciutto, aggiungi un goccio di latte



Sbollenta per pochi minuti le foglie di verza e stendile su un canovaccio per asciugarle



Su ogni foglia metti un po' di ripieno. Ripiega la foglia formando un fagottino, aiutati con degli stecchini



Metti una padella un goccio d'olio con uno spicchio d'aglio e fai cuocere i capunet da tutti e due i lati per circa 15 minuti, finché saranno un po' morbidi




Finisci la cottura in forno statico a 180° per circa 20 minuti, spolverizzando di parmigiano i capunet e mettendo qualche fiocco di burro

Servi caldi


martedì 26 febbraio 2013

Vietato lamentarsi

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 Quando si parla di cucina regionale si va incontro a grossi pericoli. C'è sempre qualcuno che salta fuori e ti dice che il piatto, fatto in quel modo, è assolutissimamente sbagliato, sacrilegio, la trisavola della zia della mamma – e quante ne sapeva lei – si starà ribaltando nella tomba.
Sono d'accordo sul fatto che non sia giusto snaturare  ricette che hanno alle spalle una storia, una motivazione nel loro esistere – molto spesso sono di origini contadine – e avere rispetto per il passato delle varie popolazioni. Se ad un romano dici di usare la pancetta al posto del guanciale nell'amatriciana, forse non ti rivolgerà più la parola; mai dire ad un milanese che non usi il midollo per il risotto allo zafferano o ad un piemontese che non metti l'aglio nella bagna caoda; e se nella pizza usi un altro tipo di pomodoro che non sia San Marzano, un napoletano potrebbe dire “Ma qua stiamo pazziando?”.
Come ben sapete, io non sono una purista della cucina, anche se mi piace andare a cercare i racconti che stanno dietro ad un piatto. Questo blog si chiama A casa mia non solo per accogliervi idealmente tra le mura della mia cucina, ma per condividere con voi quelli che sono le mie ricette, giuste o sbagliate, perché a casa mia si fa così. In ogni caso – excusatio non petita - penso che inevitabilmente una ricetta regionale subisca variazioni perché fa parte del bagaglio culturale di una popolazione, di una tradizione, e “tradizione” – qui la mia prof del liceo sarebbe contenta – deriva da una parola latina che significa consegnare, trasmettere. Il più delle volte la trasmissione nel tempo è stata orale perché la maggior parte delle persone era analfabeta. Per cui le ricette venivano tramandate di madre in figlia, di nonna in nipote e spesso – come capita con il telefono senza fili – erano soggette a piccoli cambiamenti, a volte non voluti, in altri casi dettati dai gusti personali.
Quindi oggi mi butto in uno dei grandi classici della cucina romana, gli spaghetti alla carbonara: pochi e semplici ingredienti per un primo piatto che è un'estasi per le papille.
Io la faccio così ed è buonissima, per cui astenersi lamentele. Che oggi non è giornata.

A casa mia...quanno sei bbbella Roma quann'è er tramonto!

Spaghetti alla carbonara

Spaghetti alla carbonara


Ingredienti per 2 persone

  • 200 gr di spaghetti n°5
  • 1 cipolla
  • 100 gr di pancetta affumicata
  • 3 uova
  • Olio evo
  • Pecorino
  • Sale&Pepe


Preparazione

Soffriggi la cipolla tagliata sottile e poi aggiungi la pancetta tagliata a cubetti




In una ciotola sbatti con la forchetta 3 uova con sale e pepe




Cuoci gli spaghetti al dente; scolali direttamente nella padella con la pancetta e aggiungi l'uovo. Mescola velocemente in modo che l'uovo si rapprenda un poco, ma non diventi una frittata.



Servi calda con pecorino e una macinata di pepe


lunedì 25 febbraio 2013

Dove andiamo a cena, caro?


 Non vado molto spesso a cena fuori. Alcuni mi dicono: “Eccerto, sai cucinare così bene!”. Allora, sfatiamo un mito. Una che sa cucinare non è una masochista che vuole stare tra i fornelli 24h e avere sempre a cena minimo 12 persone. Ma manco per niente! Certo, cucinare è un passione, adoro avere amici per casa, amo prendere per la gola e stupire il Maritino, ma avere ogni tanto la possibilità di non dover spignattare, sedermi a tavola e non dover fare nulla, mi piace eccome!
Non vado spesso a cena fuori – dicevo – per una questione economica e di organizzazione. Andare al ristorante inevitabilmente ha un costo e con le bambine non è sempre così semplice. Ma le volte che ci capita, sono sempre alla ricerca di posticini carini, dove ovviamente si mangi bene, che abbiano una buona cantina, dove godersi un'atmosfera rilassata. Quando vengo a conoscenza di un locale, perché me ne parlano le amiche o perché vedo una recensione, cerco di stamparmi nella mente il nome e l'indirizzo, per poterci andare con il Maritino. Ma quando arriva il momento di prenotare, tabula rasa. Il cervello mi va in pappa. Non ricordo nulla, giusto quei due, tre locali in cui siamo già stati, come se Torino non avesse scelta nel campo della ristorazione. Ma ora ho trovato la soluzione a questo mio problema di raccolta dati: MyTable. Una squadra di giovanissimi ha messo su un portale su cui basta iscriversi – gratuitamente – e prenotare on line il ristorante. Ma non solo: ci sono i campi di ricerca, per cui specificando il tipo di cucina, la fascia di prezzo, l'ambiente, MyTable seleziona per te un ventaglio di locali, con le relative foto e le recensioni di chi è già andato. Comodo, no? E questo per tante città d'Italia. Da poco è nato anche il blog di MyTable dove leggere curiosità legate al cibo, racconti di eventi food, le culture culinarie dei vari paesi e dove troverete anche me e Alessandra di Ricette di Cultura che curiamo la sezione delle ricette e, settimana dopo settimana, vi proporremo tanti piatti sfiziosi. Ci addentreremo anche nelle cucine dei ristoranti e vi sveleremo i segreti degli chef, seguiteci!
Quando vado a mangiare fuori, uno dei particolari che noto è il pane, se è di produzione propria o meno, come viene presentato. Un dettaglio, lo so, ma spesso sono proprio i dettagli che fanno la differenza. Fare il pane in casa è lungo, me ne rendo conto, anch'io ho poca pazienza con la lievitazione, ma ho trovato questa ricetta per fare dei paninetti esteticamente molto carini – perfetti per una serata a due, per una ricorrenza – e super veloci perché si usa il lievito istantaneo. Buonissimi anche da tagliare e farcire a piacere per un pic nic.

A casa mia...voglio andare a cena fuori!

Paninetti a cuore

Paninetti a cuore


Ingredienti

  • 450 gr farina 00
  • 1 bustina di lievito istantaneo per preparazioni salate
  • 200 ml di latte
  • 200 ml di acqua
  • 60 ml di olio di semi
  • 1 uovo (più uno per rendere lucidi i panini)
  • 1 cucchiaino raso di zucchero
  • 3-4 cucchiaini di sale fino
  • Semi di papavero
  • Semi di sesamo


Preparazione


Metti nel robot da cucina, con il gancio per impastare, la farina, l'acqua, l'olio, il latte, l'uovo, il sale, lo zucchero e la bustina di lievito. Aziona il robot, fino a quando otterrai una palla morbida




Lavora per pochi minuti l'impasto, infarinando il piano di lavoro. L'impasto dovrà essere morbido ed elastico, ma non appiccicoso




Stendi con un mattarello ad un'altezza di un centimetro, poi ricava con un coppapasta a cuore i paninetti



Metti i cuori sulla leccarda ricoperta di carta forno. Sbatti l'altro uovo in una ciotola e con un pennello spennella i paninetti. Poi cospargi con i semi di papavero e sesamo a piacere




Inforna a 180° per circa 20-25 minuti, finché non risulteranno dorati


giovedì 21 febbraio 2013

Auguri Alfred

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 Fefo è il fratello della mia amica Wally. Ci siamo conosciuti circa mille anni fa, quando io e Wally abbiamo cominciato il liceo, la mia storica compagna di banco. Settembre, 1° giorno di scuola: “Wally, ci mettiamo insieme in banco?”, “No Giampix, mia madre non vuole, sennò chiacchieriamo troppo e quest'anno dobbiamo migliorare.”, “Dai, giuro che seguiamo!”, “Ok, va bene”. Così è stato per cinque anni. Andavo spesso a casa loro a pranzo, per poi rimanere a studiare lì o andare alla biblioteca civica che era a due passi. “Divertimento” è la prima parola che mi viene in mente se penso ai pomeriggi trascorsi lì, la seconda è “cuscino”. Con Fefo non siamo mai stati realmente amici, nel significato più profondo che può avere questa parola, non era un rapporto fatto di confidenze o racconti, ma di lotte con i cuscini – appunto - di calci rotanti, scherzi, linguacce, prese in giro. Come con un fratello. Uno dei miei giochi preferiti con il mio vero brother era proprio la lotta: da bambini, distesi sui letti in cerca di un nuovo gioco da fare, ci guardavamo e dicevamo: “Facciamo la lotta?”, che dal ludico si sfociava inevitabilmente nel litigio. Ma eravamo bambini. Con Fefo si parla di adolescenza: lui col ciuffo curato, la felpa firmata e la voglia di sembrare più grande, io con i Doctor Martens, il maglioncino a V, senza un filo di trucco e la stessa voglia di sembrare più grande. Ma tra di noi era come tornare bambini e giù di cuscinate. E poi le partite viste insieme, la chitarra strimpellata imitando gli Oasis, le sigarette di nascosto.
Fedoro (i nomignoli si sprecavano, il più bello era quello usato da sua madre, Alfred) mi ha anche fatto da autista al mio addio al nubilato, organizzato dalle amiche: mi è venuto a prendere a casa con la macchina decapottabile del Bolide (il padre), vestito di tutto punto con giacca e cravatta, sul sedile un mazzo meraviglioso di fiori. Ha storto il naso perché mi sono seduta davanti, stava zitto, serio e impettito. “Dai, Fefo, dimmi qualcosa!”. “Sono il suo autista, non sono stato pagato per parlare”. Geniale. Anche da adulti il nostro rapporto non è cambiato.
Oggi è il suo compleanno e i miei auguri sul blog passano attraverso una ricetta dai sapori torinesi, per lui che è da anni che vive in un'altra città.
Il risotto ai cardi con crema d' acciughe, è un primo particolarmente gustoso: il cardo ricorda molto il gambo del carciofo ed è una di quelle verdure che viene abbinata alla bagna caoda, per cui ho pensato di mantecare il riso con una crema alle acciughe che desse quel quid in più al gusto delicato del cardo, un piatto perfetto per una cena invernale.

A casa mia...facciamo a zampa di ferro?

Risotto ai cardi con crema di acciughe

Risotto ai cardi con crema di acciughe


Ingredienti per 4 persone

  • 50 gr di burro
  • 2 spicchi d'aglio
  • 300 gr di cardi
  • 350 gr di riso Carnaroli
  • Marsala
  • Brodo
  • 50 gr di acciughe sott'olio
  • Olio evo
  • 100 ml di panna
  • Parmigiano grattugiato
  • Sale&Pepe


Preparazione


Pulisci i cardi e lasciali a bagno in acqua acidulata in modo che non anneriscano



Tagliali finemente e mettile in padella con il burro e uno spicchio d'aglio




Quando i cardi saranno morbidi, frulla con il minipimer aggiungendo un po' di acqua se necessario



Nella stessa padella, senza aggiungere condimenti, fai tostare il riso, poi sfuma con il marsala. Cuoci il riso aggiungendo brodo bollente. A metà cottura aggiungi la crema di cardi



In una piccola casseruola, fai sciogliere le acciughe con un po' d'olio e uno spicchio d'aglio, poi aggiungi la panna.



Quando il riso è a cottura, manteca con la crema di acciughe




Servi con una spolverata di parmigiano grattugiato e pepe nero


mercoledì 20 febbraio 2013

Benedetto XVI

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 Questo blog si è sempre astenuto da commenti politici o dall'affrontare temi troppo seri perché ho voluto che questo fosse uno spazio di divertimento, di relax, di chiacchiere tra amici, di consigli, di mani sporche di farina, di profumo di pane e vanillina. E continuerà ad essere così, ma non si può ignorare un evento storico, che sarà inserito nei libri scolastici, che i nostri figli studieranno: il Papa si è dimesso. Che botta! E chi se l'aspettava? Non sapevo neanche che un papa potesse dare le dimissioni, non mi ero mai posta il problema. I social network si sono riempiti di battute irriverenti – mea culpa, l'ho fatto pure io – e di fotomontaggi vari, dal futuro papa con sembianze di Gollum a Benedetto XVI in attesa all'Adecco. A me quella ha divertito. Fuori luogo? Blasfeme? E fatti 'na risata! Io sono cristiana cattolica, ho fatto la catechista, l'animatrice, decine di campi con i bambini e ho incontrato il Maritino in parrocchia, ma ciò non mi impedisce di avere uno sguardo critico e senso dell'umorismo. Questo non vuol dire mancare di rispetto ad una persona anziana che – criticabile, amato, odiato – sicuramente non sta bene e ha preso una decisione certamente difficile e travagliata, giudicata da tutto il mondo. Personalmente non sono una fan di Papa Ratzinger: sono nata con Giovanni Paolo II, ho avuto la fortuna di averlo conosciuto, di cantare per lui, di ricevere un bacio sulla fronte che mi ha fatto sentire accolta e amata, per cui è per me ancora inevitabile fare un confronto tra i due.
La ricetta di oggi è quindi umilmente dedicata a Benedetto XVI: un dolce dal nome tedesco come lui, diffuso durante l'Impero austro-ungarico e tipico della zona del Trentino. Lo strudel è uno dei miei dolci preferiti, ripieno di mele, pinoli, uvetta e cannella: perfetto per i bimbi che così mangiano la frutta, ideale per gli anziani che soffrono di diabete perché è povero di zucchero, ottimo per un cena tra amici. Con la preghiera di servirlo tiepido.
Con questo post spero di non aver urtato la sensibilità di nessuno.

A casa mia...vivo un papa se ne fa un altro (Elio e le storie tese)

Strudel

Strudel


Ingredienti

  • 1 rotolo di pasta sfoglia
  • 3 mele
  • 80 gr di pinoli
  • 80 gr di uvetta
  • Cannella
  • 2 cucchiai di zucchero a velo + quello per spolverizzare
  • Un goccio di latte


Preparazione


Sbuccia le mele e tagliale a cubetti. Mettile in una ciotola e aggiungi la cannella e lo zucchero a velo. Gira bene con un cucchiaio.



Aggiungi i pinoli e l'uvetta che prima avrai lasciato in ammollo per almeno 15 minuti. Amalgama il tutto.



Stendi la pasta sfoglia, versa le mele nel centro



Chiudi lo strudel, cercando di sigillare i lembi. Spennella con un po' di latte e spolverizza sulla superficie dello zucchero a velo in modo che in cottura rimanga lucido




Cuoci in forno statico a 180° per circa 40 minuti. Servi tiepido con una spolverata di zucchero a velo




martedì 19 febbraio 2013

FernandoWine dinner


Qualche tempo fa vi avevo raccontato del ristorante Bontà d'aMare di Torino, del suo ambiente marinaresco, della cucina mediterranea ed innovativa, della gentilezza del personale. Vi avevo anche accennato di una sorpresa in collaborazione con la squadra di Fernando wine: va bene, siete stati sulla graticola parecchio, siete cotti a puntino, è ora di dirvi tutto. Giovedì 28 febbraio ci sarà un'altra esclusiva serata per degustare vini di alto livello abbinati a piatti preparati e pensati apposta per l'evento: il Taste&Match, direte voi! Questa volta il nome cambia in Fernando Wine dinner (#fwdinner) ma la formula è sempre la stessa: 8 vini selezionati dal nostro maȋtre dalle sembianze torellesche accoppiati ad 8 piatti – 4 cucinati dalle foodbloggers e 4 dallo chef del ristorante – divertimento e chiacchiere.
Questa volta, come avrete capito, saremo accolti nelle sale del Bontà d'aMare (Via S. Francesco da Paola 46/b) e il menù sarà tutto di pesce.
Il vino che mi hanno assegnato è un Pinot grigio Villa Job del 2010: un bel giallo paglierino, fresco all'olfatto, con profumi di fiori e agrumi che in bocca diventa avvolgente e con un carattere ben definito. Visto le sensazioni che mi ha lasciato, ho pensato di abbinare questo vino ad un primo: orecchiette con il pesce spada su crema di ceci. Il pesce spada viene cotto velocemente con un goccio di olio e sfumato con il Pinot, profumi di aglio e prezzemolo; i ceci sbollentati con verdure e bacche di ginepro, trasformati in una crema avvolgono languidamente le orecchiette per un sapore delicato, ma con il carattere strong del pesce spada.
Cosa aspettate?! Come le altre volte i posti sono limitati, per cui prenotatevi subito sul sito di MyTable e se volete risparmiare qualche eurino, andate sul sito di Fernando per avere un sconto del 10% : il costo della serata per 2 anitipasti, 2 primi, 2 secondi – tutto pesce! - 2 dolci e 8 vini è di 38€...si può fare, no?! Dai, vi aspetto!

A casa mia...sciàuro di mare!

Orecchiette con pesce spada su crema di ceci

Orecchiette con pesce spada su crema di ceci


Ingredienti per 2 persone

  • 200 gr di pesce spada
  • 1 spicchio d'aglio
  • 200 gr di ceci già cotti
  • 1 carota
  • 1 cipolla
  • Bacche di ginepro
  • Prezzemolo
  • Pinot grigio
  • Olio evo
  • Sale&Pepe
  • Uova di salmone per decorare (facoltativo)


Preparazione

Fai un brodo vegetale veloce con la carota e la cipolla. Aggiungi qualche bacca di ginepro. Sbollenta per 10 minuti i ceci



Scola i ceci e tieni da parte l'acqua di cottura. Frulla i ceci con il frullatore ad immersione, aggiungendo un po di brodo e dell'olio evo, finchè avrà la consistenza di una crema. Regola di sale e pepe.



In una padella, metti a soffriggere uno spicchio d'aglio con l'olio. Poi aggiungi il pesce spada tagliato a dadini



Sfuma con il vino bianco, poi aggiungi il prezzemolo tritato, regola di sale e pepe



Cuoci le orecchiette al dente e finisci la cottura in padella con il pesce. Distribuisci la crema di ceci sul piatto, adagia le orecchiette e finisci con ancora un po' di prezzemolo tritato e qualche uova di salmone.


venerdì 15 febbraio 2013

Facile come aprire una scatoletta

Lungo mare di Carloforte - Google immagini

 Carloforte è un piccolo comune dell'Isola di San Pietro, nel sud ovest della Sardegna. Pur essendo un luogo piccolo è denso di storia. Si intrecciano popolazioni e culture, da quella tunisina a quella piemontese – il progetto architettonico è di Augusto de la Vallèe – dalla sarda, alla spagnola, alla ligure. Soprattutto quella ligure, tanto che dal 2004 è comune onorario della provincia di Genova e il dialetto parlato non è quello sardo, come uno si aspetterebbe, ma quello ligure. Ci sono stata una volta sola, tanti anni fa e ne sono rimasta colpita e affascinata: scogliere a strapiombo su mare cristallino – beh, siamo sempre in Sardegna – vegetazione aspra, selvaggia, un borgo dalle casette variopinte, piccole strade che sanno di antico, profumo di focaccia, di basilico e di frutti di mare.
Tra i momenti più belli, la gita in gommone con i miei zii per fare la circumnavigazione dell'isola, alla scoperta di calette e luoghi storicamente importanti come il Porto Flavia, un sito minerario che ha un affaccio a strapiombo sul mare veramente unico. Lo zio, campione di sub, ne ha approfittato per fare un'immersione, mentre io e mio cugino, armati di coltellino e maschera, abbiamo fatto incetta di ricci di mare, per poi mangiarli direttamente sul gommone: una bontà assoluta.
Carloforte è anche famosa per le tonnare e ricordo una cena di pesce veramente straordinaria, una cucina dai sapori mediterranei, con influssi delle varie culture che lì si mescolano: il cous-cous con vongole e cozze era da mille e una notte.
Il tonno è un pesce sublime, da non confondere con quello che siamo abituati a mangiare nelle scatolette – che non si disdegna, eh! - cibo must dei single e dei poco avvezzi alla cucina. Una pasta e – taaac – scatoletta di tonno sopra; un'insalata e - taaac – apri la lattina; una pagnotta avanzata e - taaac – panino con il tonno e maionese. Alzi la mano chi non l'ha mai fatto.
Ma il tonno che cuciniamo oggi è quello fresco, con una ricetta super veloce, facile come aprire una scatoletta, ma di una bontà assoluta, dai gusti che richiamano anche la Sicilia con l'utilizzo dei pistacchi. E' di una semplicità imbarazzante: i piccoli tranci di tonno vanno impanati nella granella di pistacchi e scottati per pochissimi minuti in una padella caldissima. Il tonno deve rimanere rosso dentro, così sarà tenero e i pistacchi creeranno una croccantezza molto piacevole al palato. Da accompagnare con un Cataratto freschissimo o, se preferite il vino rosso, con un Nero d'Avola.

A casa mia...questo sì che è tonno insuperabile!

Tonno scottato con granella di pistacchi

Tonno scottato con granella di pistacchi


Ingredienti per 2 persone

  • 300 gr di tranci di tonno fresco
  • 60 gr di pistacchi
  • Olio evo


Preparazione

Sbollenta per 1 minuto i pistacchi. Passali in acqua fredda per mantenere il verde brillante. Asciugali con un canovaccio e fregali, in modo che vada via la pellicina. Poi tritali nel mixer.



Impana bene su tutti i lati i tranci di tonno con i pistacchi.



Scalda un goccio di olio in padella. Quando sarà ben calda, metti il tonno. Devono cuocere pochi minuti, 30-40 secondi per ogni lato.



Taglia i tranci di tonno con un coltello affilato. L'interno deve essere rosso. Il tonno troppo cotto diventa tutto bianco e stopposo. Servi subito.