lunedì 11 novembre 2013

Se ti abbraccio non aver paura

Ho letto un libro meraviglioso, di quelli che aprono la mente e sopratutto il cuore, di quelli che ti pongono domande sulla vita e che ti fanno ringraziare per quelle piccole cose che riteniamo normali, ma che invece sono immense. “ Se ti abbraccio non aver paura” è il diario di bordo di una viaggio meraviglioso di un papà, Franco, e di suo figlio Andrea, un ragazzo diciassettenne bello, alto, giovane, con una criniera da far invidia a Cocciante, pieno di vita e curiosità, ma autistico.
L'autismo – che conosco da vicino – è un disturbo della funzione cerebrale e si manifesta in modalità diverse intorno ai due-tre anni di vita. Immaginate un bimbo che ripete buffamente le parole, che viene attratto da suoni, giochi colorati, che interagisce con le persone, pensate ad un bimbo che fa tutte le cose “normali” di quell'età. Ecco, ad un certo punto qualcosa si spezza e quel bambino vivace si chiude in un mondo suo, non parla più o comunque fa molta fatica a comunicare. Per un genitore deve essere una morsa che attanaglia il cuore, una prospettiva di vita difficile da accettare. Anche per Franco è stato così e dopo anni a rincorrere terapie, a viaggiare in lungo e in largo per scoprire i medici migliori, ha deciso di intraprendere un altro tipo di viaggio, senza una meta precisa, senza tabelle di marcia, senza orologio. Franco e Andrea sono stati per tre mesi in America, attraversando tanti paesi in moto, dagli Stati Uniti fino al Messico, poi in Guatemala e in non so quanti altri stati dell'America latina: hanno incontrato tante persone che inaspettatamente li hanno accolti nelle loro case, hanno visto panorami mozzafiato, rischiato diverse risse per l'esuberanza incontrollabile di Andrea – la scena in cui il papà scambia una ragazza ricciolina per Andrea e le dà uno scappellotto è esilarante – alla ricerca della felicità, qualsiasi cosa questo voglia dire. Come spesso accade, non è stato il padre a insegnare qualcosa al figlio, ma è stato proprio Andrea, con la sua fragilità, con il suo modo inevitabilmente spontaneo a insegnare a Franco a buttarsi nella vita, a fidarsi delle persone, a non aver paura.
In questo viaggio hanno anche sperimentato cucine diverse – anche se Andrea si rifugiava spesso in pizza e hamburger – ed oggi vi propongo una ricetta dall'aria messicana, da sapori un po' meno strong rispetto a quelli assaggiati da Franco, ma comunque molto gustosa. Le ali di pollo tex mex sono semplicissime da fare, basta una marinatura speziata al punto giusto e la cottura in forno, il piccante lo decidete voi a seconda dei gusti ed è obbligatorio mangiare con le mani. Un secondo molto economico, da condividere insieme agli amici con una birra ghiacciata, per un piccolo assaggio di Messico.
Ma se volete realmente viaggiare (ridere, commuovervi e pensare) leggete il libro di Fulvio Ervas e magari comprate un biglietto d'aereo.

A casa mia...libri che vorresti non finissero!

Ali di pollo tex mex



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