giovedì 24 dicembre 2015

Una Aupair a casa mia (ovvero, Italia-Spagna purchè se magna)



Ormai più che una blogger, sono diventata come la cometa di Halley, che si è fatta vedere nel 1986 e il cui prossimo perielio è previsto per il 2062. Bene, ma non benissimo.
Dio, se mi mancate! Mi ero ripromessa di non trascurare troppo questo spazio virtuale, ma porcazozzaladra,  non è facile riuscire a conciliare tutto. Fare un lavoro che ti porta fuori casa per tante ore, soprattutto serali e nei weekend, avere una figlia entrata ufficialmente nell’adolescenza (comprensione, necessito di molta comprensione), un’altra che non importa se hai lavorato fino alle 2, alle 7 del mattino vuole latte-cartoni-cacao,  avere una casa che cerchi di non far esplodere, un gatto che si è auto adottato e che tutti “uh, che bello, che bello, abbiamo un animale” e poi sei l’unica a dargli da mangiare e – ciliegina sulla torta -  avere all’attivo quattro chat di mamme su whatsapp,  comporta un’organizzazione rigorosa del tempo, tabelle di marcia prestabilite, ma soprattutto l’ammissione di avere indiscutibilmente bisogno di aiuto. Non avendo appoggi nonneschi e neanche possibilità di accendere un mutuo per pagare una babysitter, abbiamo optato per il magico mondo delle Aupair.
Cos’è l’Aupair? La ragazza alla pari, cioè una giovane fanciulla che per viaggiare e imparare le lingue in modalità low cost, decide di vivere per un periodo determinato ospite di una famiglia e, in cambio di vitto e alloggio e di un rimborso spese, presta servizio di tata per i piccoli componenti della casa.
Cose necessarie per ospitare una Aupair:

  • Avere una stanza per lei e farle spazio in cassetti e armadi. Sembra facile, ma per questo bisogna invocare lo spirito di Marie Kondo.
  • Essere accoglienti e ben disposti: la ragazza si trova in un posto nuovo, con persone che non conosce, a chilometri di distanza dai propri affetti, quindi è carino farla sentire “a casa” fin da subito.
  • Attenzione a scegliere una strafiga con capello fluente, chiappe sode e pigiamini ridotti: il confronto è dietro l’angolo.
  • Siate curiosi. La cosa più bella è imparare a conoscere una cultura diversa, abitudini differenti dalle nostre, aprirsi all’altro. A seconda della nazionalità, però, il rischio che cucini dei piatti demmerda è elevato.

A luglio abbiamo così conosciuto, tramite il sito aupairworld.com,  Sarai che è rimasta a casa nostra per due mesi, poi è arrivata Ana da settembre fino alla scorsa settimana ed ora siamo in attesa, per il nuovo anno, di Cristina.  Tutte spagnole, tutte della stessa città, Castellòn (vicino a Valencia) di cui probabilmente diventeremo cittadini onorari: se ve lo state chiedendo, è stato abbastanza un caso, non una cosa forzatamente voluta. Semplicemente sono tutte ragazze che frequentano una scuola di italiano in Spagna e per loro è una bella occasione per migliorare la lingua in vista degli esami.
Il mio bilancio dopo sei mesi di Aupair? Assolutamente positivo! All’inizio ero io quella scettica: un’estranea a casa mia  h 24? E, ma che palle, giammai! Certo, i primi giorni sono di “studio” reciproco, ma poi Sarai e Ana sono diventate veramente parte della famiglia, è stato bello vederle interagire con  le bimbe (che tra l’altro hanno anche imparato un po’ di spagnolo), sono state un aiuto fondamentale per la gestione della casa e abbiamo sperimentato che la tavola è come sempre quel luogo che unisce le persone.
Ana era molto più curiosa nell’assaggiare le ricette della tradizione italiana e in particolare piemontese, con un occhio di riguardo per il vino che è stato molto apprezzato. Hic. Sarai ci ha cucinato diversi piatti spagnoli, dalla paella alla coca de tomate, dall’arroz al horno alla tortilla de patatas. Ecco, non è esattamente una ricetta natalizia, ma tanto ormai siamo alla Vigilia e avrete tutti programmato già cenoni e pranzi. Per cui vi lascio il procedimento della tortilla originale spagnola, che non è una banale frittata di patate, ma ha un procedimento diverso che la rende un ottimo antipasto oppure, se tagliata a quadrotti, un aperitivo sostanzioso. Da abbinare con una birra, una cerveza bella ghiacciata.

A casa mia…olè!

Tortilla de patatas

Tortilla de patatas

Ingredienti per 4-6 persone

  • 8 uova
  • 4 patate
  • Olio di semi
  • Sale






Preparazione

In una padella scalda un dito di olio di semi e metti a cuocere le patate tagliate a tocchetti



In una ciotola rompi le uova e sbattile con una forchetta con un po’ di sale. Quando le patate saranno morbide (non devono diventare croccanti, non sono fritte!), toglile dalla padella e tamponale con dello scottex per eliminare l’eccesso di olio.
Mettile nell’uovo e con una forchetta schiaccia grossolanamente



Nella stessa padella di prima, togli l’olio in eccesso e lascia solo il fondo unto, scalda e metti a cuocere il composto di uova e patate. Quando la parte di sotto si staccherà dal fondo, gira la tortilla aiutandoti con un coperchio grande e continua a cuocere per qualche minuto, fino a quando sarà dorata.





Servi tiepida, con pomodori, con un’insalata, ma soprattutto con una cerveza bella fresca!


giovedì 20 agosto 2015

More&Macine, una bella scoperta tra le Langhe

Foto di Cédric Blanchard
Avrei  voluto raccontarvi che non ho più potuto scrivere perché ero a su un’isola maldiviana senza  connessione, che non sono più riuscita ad aggiornare questo mio e vostro piccolo spazio culinario perché i cocktails in spiaggia ad Ibiza erano veramente buoni e non potevo perdermi neanche un dj set.
E invece zero, nada, nisba. L’unico motivo per cui il blog è stato un po’ trascurato è il lavoro: lo so, banale, ma vero.  Aprire un ristorante è un’esperienza meravigliosa, ma anche faticosa e scombussolante, perché bisogna rivedere l’organizzazione delle proprie giornate, della famiglia, del sonno (ah, dormite, quanto mi mancate!) e anche dei post di un blog. E come ciliegina sulla torta, il mio pc mi ha abbandonato, portandosi dietro foto, ricette, appunti, articoli…quel maledetto!
Ma se c’è una cosa che in questi mesi non è cambiata è la passione per il cibo e la voglia di scoprire posti nuovi dove far fare festa alle papille. Oggi vi parlo di, More e Macine situato nel centro de La Morra (CN), tra le meravigliose colline delle Langhe.  Leggendo altre recensioni – tutte positive – mi immaginavo una piola, uno di quei posti un po’ retrò dove la sostanza conta più di mille impiattamenti, dove pane e salame sono un must. Sì, c’è anche quello se volete, le acciughe e una vasta scelta di splendidi formaggi, ma la cucina è tutt’altro che banale, nonostante il menù scritto sulla lavagna dica ben poco, uno stratagemma per dare la possibilità al personale di sala di raccontare i piatti.
Per cui se tra gli antipasti trovate “Anguria”, non vi stupite: chiedete e soprattutto ordinate: un parallelepipedo di fresco cocomero precedentemente messo sottovuoto, accompagnato da caprino gelato, tapenade di olive e basilico. Un inizio non convenzionale, perfetto per le giornate torride, equilibrato nei sapori e visivamente un’esplosione di colori patriottici.
Buonissimi i ravioli di borraggine e seirass con quel sentore di limone che rinfresca tutto e non fa pentire di aver ordinato un primo caldo con 35 gradi; il maialino era morbido e succoso, con la cotenna bella croccante che mi ha ricordato molto il maialino sardo. Per dolce una tarte di frolla ripiena di albicocche e con una copertura di cioccolato fondente, una porzione addirittura troppo grande per due stomaci allenati come il mio e quello del Maritino. Due antipasti, un primo, un secondo, un dolce, acqua, due calici di Arneis e caffè, 54€ in due. Una bella terrazza, una grande carta dei vini e una cucina che è aperta tutto il giorno. Chapeau.
L’Osteria More&Macine si trova in Via XX Settembre, 18  La Morra.
Niente ricetta questa volta, dovete attendere che il mio archivio si rimpolpi di foto, ma ovviamente se volete assaggiare direttamente la mia cucina, senza passare dal web, vi aspetto al Trés, Via Roma 6 a Trezzo Tinella (CN)!

A casa mia…bentornata a me!



martedì 16 giugno 2015

Trés

Sto lontano dallo stress,
fumo un po' e dopo vado al Trés!
Patò, Mexes,
Messi, Valdes,
fumo un po' e dopo vado al Trés!”.

State cantando e muovendo il bacino a tempo? Perfetto, questa sarà la canzone dell'estate grazie al nostro amico Tambu, portatore sano di vino.
C'è qualcuno che non sa ancora cos'è il Trés?! A livello social ho piuttosto sfrantecato. Ma è il nome del mio ristorante!
Mi fa ancora una certa impressione dirlo, ma è proprio così! Quello che era un progetto destinato a rimanere relegato alle chiacchiere serali, ai “ma ti immagini come sarebbe aprire un locale?”, alle pressioni del Maritino che veniva regolarmente mandato a ranare, è diventato realtà.
La prima volta che abbiamo pensato di avere un ristorante è stato in Provenza, da Chez Ariane, un piccolo bistrot di Arles con i tavoli in legno, musica jazz di sottofondo, quiche, formaggi francesi e vino in caraffa. Un luogo accogliente, un'atmosfera familiare e romantica - vabbè, noi stavamo in mini fuga d'amore senza bimbe – che ci ha conquistati e che abbiamo sognato di riproporre. Ora è tutto vero. Il Trés è il locale storico di Trezzo Tinella (si chiamava Antica Torre), paesino delle Langhe tra Neive e Barbaresco, ad un quarto d'ora di macchina da Alba, ed esiste da metà dell'800: i proprietari erano i bisnonni della Signora Norina, classe 1923 – quasi 92 anni e sta meglio di me e voi messi insieme – che ha lavorato nel ristorante per tanti anni e ha mille aneddoti da raccontare. Dove adesso c'è la saletta della vineria, una volta c'era una stalla, e gli archi di mattoni e le pareti in pietra sono ancora rimasti intatti. Questi particolari ci hanno ammaliato, insieme alla cucina enorme e luminosa, alla sala dove poter fare giocare i bimbi, al grande prato davanti per poter cenare con i piedi sull'erba, (o riposare e prendere il sole dopo un pranzo langhetto innaffiato da Barbaresco) e far pascolare i sopracitati pargoli, alla vista dei vigneti e dei noccioleti. Quello è il nostro posto, un luogo dove non solo mangiare e bere bene – in Langa si casca sempre in piedi – ma dove stare insieme, finire una cena con la chitarra in mano a cantare, dove ci saranno lezioni di cucina per grandi e bimbi, dove giocare a carte, a scacchi...dove stare bene. A casa mia diventa veramente casa vostra!
Vi aspetto da giovedì 18 al Trés, Via Roma 6 a Trezzo Tinella (per prenotare 339.4777971)!
Ovviamente non può mancare la ricetta, molto, molto langhetta: tagliatelle con ragù bianco di Bra.
Pasta fatta in casa (ma potete prenderle anche già fatte, eh!) con un ragù veloce e saporito che richiede d'obbligo un bicchiere di vino.
Trés bon, Trés jolie, Trés chic!

A casa mia...o al mio ristorante!

Tagliatelle con ragù bianco di salsiccia di Bra

Tagliatelle con ragù bianco di salsiccia di Bra

Ingredienti per 4 persone

  • 500 gr di tagliatelle all'uovo (fatte in casa ancora più buone)
  • 400 g di salsiccia di Bra
  • 1 cipolla
  • 2 carote
  • Mezzo bicchiere di Barbera o Nebbiolo
  • Rosmarino
  • Olio evo
  • Sale e pepe


Preparazione

Fai un soffritto di cipolla e carota e metti a cuocere in una padella con un po' di olio. Rosola la salsiccia (senza budello) sgranandola con una forchetta e poi sfuma con il vino. Regola di sale e pepe. (Poco sale, la salsiccia è già molto saporita!). Cuoci per circa 20 minuti.




Cuoci le tagliatelle (ricorda di tenere un po' di acqua di cottura perché la pasta all'uovo tende ad asciugare molto) e finisci in padella con il ragù. Servi con parmigiano grattugiato a piacere.


giovedì 14 maggio 2015

Davide Palluda, il top del Roero

Lo chef Davide Palluda
Lunedì scorso io e il Maritino abbiamo festeggiato 12 anni di matrimonio: parafrasando Carrie e Big in Sex and City, “Amore, nessun brillante, regalami solo una grande cena!”. Ognuno ha le proprie passioni e se amate la cucina, L'Enoteca di Davide Palluda è il posto giusto.
Nel centro di Canale, cittadina del Roero, nell'ex asilo infantile risalente al XIX secolo si trova, a mio modesto parere, uno dei migliori ristoranti delle colline dell'Unesco, che non a caso vanta una stella Michelin da ormai quindici anni.
Nel cortile sotto un pergolato c'è il salottino per la sigaretta del dopo pasto, a sinistra l'Osteria dell'Enoteca, un ambiente più informale, un'ottima cucina piemontese e prezzi pop, al piano superiore, invece, la sala elegante e minimal del ristorante che ha sede lì dal 1995.
Per cominciare, un aperitivo con cracker lievitato farcito di guacamole, un'acciuga con salsa rossa e sfogliatine di patate bianche e viola, e la finta parmigiana: un pomodoro viola che non è un pomodoro con un cuore di melanzane: grande tecnica. Seppie con crema di piselli freschi e una triglia in crosta di pane croccante e leggera. Poi una finanziera da manuale, un piatto povero della tradizione piemontese con frattaglie e creste di gallo che può non attirare i più, ma che vale assolutamente la pena di provare. Chi conosce lo chef Palluda, sa che non boicotta le catene di fast food ed ecco quindi arrivare un contenitore da hamburger,  dentro al quale sono adagiati due mini kebab ripieni di fois gras e fragole: io ho già raggiunto il paradiso. Continuiamo con un risotto cotto alla perfezione e gli spaghetti tiepidi con mandorle e gamberi crudi: un piatto che nella sua semplicità ha un equilibrio straordinario di sapori, tra le portate che abbiamo più apprezzato. Il Maritino ha avuto visioni di santi e angeli con l'anatra grigliata con legno di ciliegio e arance caramellate e ha continuato la sua estasi mistica con il dolce, una mela verde svuotata e gelata, riempita di non ricordo quale frutta con una consistenza smoothie, cristalli di zucchero caramellato e briciole di frolla: un fine pasto fresco, leggero, ma allo stesso tempo molto goloso. Si finisce in bellezza con un carrellino di piccola pasticceria, frutta fresca e candita che sembra uscito dal luna park di Mary Poppins: allegro, colorato, divertente, buonissimo.
In sala ci sono i sommeiller Giuliano e Alessia, preparati e contenti di fare due battute sul vino e sul cibo con due che come noi farebbero baldoria anche alla cena regale per il nuovo Royal Baby.
Il menù degustazione di 8 portate costa €85 (ovviamente c'è anche la carta e il menù da 5 portate, ma noi non siamo dei pivelli!), ma regala grandi emozioni culinarie.

Per certe ricette ci vuole grande studio e tecnica, ma spesso i piatti degli chef blasonati possono essere replicati: oggi vi presento l'uovo di Cracco! O meglio, liberamente tratto da, che poi Carletto mi querela... Un tuorlo impanato e fritto per pochi secondi che ho adagiato su una fonduta di parmigiano: fuori croccante, dentro il tuorlo fluido si spacca e si abbraccia al formaggio per un gusto avvolgente. Ricordatevi di questa ricetta nell'autunno, perché con una grattata di Tartufo bianco d'Alba, potrete raggiungere picchi di libidine molto alti.

A casa mia...continua la collezione di stelle!

L'uovo di Cracco


L'uovo di Cracco

Ingredienti per 4 persone

  • 4 tuorli ( 1 per persona)
  • Pangrattato
  • 200 ml di panna
  • 100 g di parmigiano grattugiato
  • Olio di semi per friggere
  • Pepe


Preparazione

Separa delicatamente l'albume dal tuorlo per ogni uovo. In una ciotolina riempita di pangrattato, metti il tuorlo e coprilo con altro pangrattato. Lascia riposare almeno 20 minuti, in modo che il tuorlo si asciughi.




Fai una fondutina scaldando la panna e facendo sciogliere il parmigiano. Regola di pepe. Metti a scaldare l'olio: facendo attenzione a non rompere il tuorlo, mettilo a friggere appoggiato ad una schiumarola per 30 secondi. Asciugalo con carta assorbente





In una fondina metti la fonduta di parmigiano e al centro l'uovo fritto che dovrà essere croccante fuori e morbido dentro. Da mangiare subito.


lunedì 27 aprile 2015

Renatino e Kiaramella, una favola per imparare a mangiare bene

Renato è un bimbo talmente magro da venire chiamato da tutti Renatino: non ha mai fame perché si riempie la pancia di tutto ciò che con il cibo non c'entra nulla: rabbia, gelosia, vergogna.
Chiara è una bimba cicciotta che mangia talmente tante caramelle da venire chiamata Kiaramella: non ha fame, ma fa di tutto il bis, il tris, senza accorgersene, perché è spesso annoiata.
Cos'hanno in comune questi due bimbi? Hanno un problema di orecchie!
Renatino e Kiaramella sono i protagonisti di una piccola e bella favola scritta dalla psicoterapeuta Silvia Spinelli, per imparare a mangiare bene, per far capire a noi genitori che l'alimentazione dei bimbi è un fatto molto importante e che i loro atteggiamenti a tavola possono nascondere disagi di cui non ci accorgiamo...e che è proprio una questione di orecchie, di saper “ascoltare” quel che il loro e il nostro corpo ci dice.
Ho scritto diverse volte sul rapporto con il mio corpo sempre troppo abbondante (qui e qui) e che non è una mera questione di estetica, anche se la nostra società ci mette sempre a confronto con corpi slanciati e bellissimi come modello di positività e di corpi cicciotti come specchio di una negatività. Una giusta alimentazione è una questione di salute, non di bellezza, e comincia da piccoli.
Renatino e Kiaramella è una favola divertente da far leggere ai bimbi, con i colorati disegni di Arianna Arione, è una favola che fa riflettere noi adulti (genitori e non) e che aiuta a capire meglio il nostro approccio con il cibo.
La Dottoressa Spinelli è prima di tutto una mamma, è brava e scrive bene: andate sul suo sito e scaricate l'ebook di Renatino e Kiaramella, sarà un bel regalo per i vostri bimbi e per voi!
La ricetta di oggi è un dolce – e i dolci piacciono a tutti! - ma con tanta frutta: una semplice Tarte Tatin, la famosa torta rovesciata, ma invece delle mele ho utilizzato l'ananas che contiene la bromelina, una sostanza che accelera il metabolismo, favorisce la digestione e previene la tanto temuta “buccia d'arancia”! Cosa volere di più?

A casa mia...sturiamoci le orecchie!

Tarte Tatin all'ananas

Tarte Tatin all'ananas

Ingredienti

  • 1 ananas
  • 4 cucchiai di zucchero
  • 50 gr di burro in fiocchetti più quello per imburrare
  • 1 rotolo di pasta brisee già pronta


Preparazione

Imburrate la teglia (deve andare sul fuoco, prendetene una adatta). Cospargetela con 2 cucchiai di zucchero in modo che aderisca. Mettete sparsi i fiocchetti di burro. Pulite e tagliate l'ananas a fette, mettete sul fuoco e lasciate cuocere finché l'ananas non risulterà morbida (ma non disfatta) e caramellata.
Togliete l'ananas dal fuoco e ricoprite con la pasta brisee, rimboccando bene i lembi all'interno. Bucherellate la pasta con i rebbi di una forchetta e mettete in forno per circa 30-35 minuti.



Girate la Tarte Tatin subito appena sfornata, altrimenti non ci riuscirete. Servite tiepida o a temperatura ambiente





mercoledì 15 aprile 2015

Non sopporto vol.2

Chissà perché quando si scrive qualcosa di negativo nei confronti di qualcuno si ha molto più successo di quando si utilizzano parole grondanti miele. Forse perché è più divertente? Non so, in ogni caso il mio elenco di cose/persone che non sopporto vi è piaciuto – e soprattutto la pensate come me! - e alla vostra richiesta di scriverne un altro, ho detto subito sì perché quando ho finito la stesura del precedente post, mi sono venute in mente una miriade di cose che mi fanno venire i nervi!
Pronti? Allora, non sopporto:

  • Il mutanghero: entrare in un negozio/bar/ufficio/asilo, salutare e non ricevere risposta. Cos'è, ti casca la lingua se dici buongiorno?
  • La madre avvocatessa: quelle mamme che difendono a spada tratta i propri figli con quel fervore che manco la Bongiorno con Andreotti. E sto parlando di bambini in età d'asilo che si rubano l'escavatrice giocattolo.
  • Il fafiuchè: letteralmente in piemontese vuol dire “fa fioccare”, fa nevicare, cioè quello che se la tira. Fa tutto lui, tutto quello che fa è magnifico, ma in verità non conclude una beneamata mazza.
  • La madre Willy Wonka: ha sempre in borsa caramelle e cicles (gomme da masticare) che dispensa ai bambini non suoi senza la consulenza delle altri madri che risultano così delle streghe noiose che in borsa hanno solo scontrini e fazzoletti smoccolati e che vivono cinque minuti di terrore per paura che il proprio figlio si strozzi con una mega Ambrosoli al miele.
  • L'avversativo: “Io non sono razzista, ma...”, “Io non sono omofobo, ma...”. Ma cosa?! O lo sei o non lo sei e tu mi sa che lo sei. Stronzo.
  • L'incapace: ha un Suv di dimensioni apocalittiche, ma non lo sa guidare e parcheggia sul marciapiede. Prenditi un'Ape Car, è meglio.
  • La figa in canottiera: quella che con un paio di jeans, una canotta bianca e un filo lungo di perle è gnocca e fa tendenza. Io, al massimo, sembro un muratore di Bergamo.
  • I finti ecologisti: si lamentano che la città non è pulita, è tutta colpa della politica, poi escono dal bar e buttano per terra lo scontrino del caffè. Io te lo farei mangiare.
  • I palleggiatori: gli uomini che si toccano in continuazione i gioielli di famiglia. Guarda, sono sempre due e non scappano di lì, stai sereno.
  • Gli spioni: quelli che non usano e criticano facebook, hanno una sagoma al posto della foto profilo, ma lo spulciano ogni giorno e sanno di tutti morte e miracoli.
  • I mangiatori di miglio: la carne fa venire il cancro, le mele hanno gli insetticidi, la pasta è chimica, il pesce ha il mercurio. L'unica cosa mangiabile sono miglio e quinoa. Guarda, grazie, quando rinasco gallina te lo dico.

Anche oggi l'elenco potrebbe continuare, ma lascio a voi lo spazio per tutto ciò che trovate insopportabile.
Adesso ho voglia di sorrisi, di fiori colorati, di tavolate con gli amici, di bambini che ridono, di cose belle e buone: adesso ho voglia del rotolo di spinaci, uno di quei piatti che mia madre cucinava quando era giorno di festa.
Pasta all'uovo farcita di spinaci e ricotta fresca, una generosa macinata di noce moscata, sugo di pomodoro che sa di basilico e di estate, tanto parmigiano che in forno diventa una crosticina dorata.
Perché i motivi per innervosirsi sono sempre troppi, ma è molto meglio trovare il lato positivo nella vita. Sempre.

A casa mia...mobbasta!

Rotolo di spinaci

Rotolo di spinaci

Ingredienti per 2 teglie

  • 500 g di spinaci freschi
  • 500 g di ricotta vaccina
  • 100 g di parmigiano grattugiato
  • 1 uovo
  • Noce moscata
  • 2 confezioni di figli di pasta all'uovo (oppure se la fate in casa usate 4 uova e 400 g di farina)
  • Sugo di pomodoro
  • Parmigiano grattugiato e fiocchetti di burro
  • Sale e pepe


Preparazione

Sbollenta gli spinaci in acqua salata, falli raffreddare, strizzali bene e sminuzzali al coltello. In una ciotola lavora la ricotta, poi aggiungi gli spinaci, il parmigiano e l'uovo. Gratta la noce moscata, regola di sale e pepe e crea una farcia cremosa.




Disponi la pasta sulla carta forno per aiutarti ad arrotolare dopo. Sistema la farcia solo su un lato e poi arrotola la pasta e fai un salamone.



Fai una caramella con un canovaccio pulito e metti a cuocere il rotolo in acqua bollente per circa 30 minuti.



Taglia il rotolo a rondelle, sistemale su una teglia imburrata. Cospargi con il sugo di pomodoro (il mio è fatto con pomodori freschi, cipolla, olio evo e basilico), parmigiano e fiocchetti di burro. Se vuoi puoi sistemare le teglie in freezer e cuocerle quando vuoi!



Cuoci in forno a 180° statico per 30-40 minuti e se volete finite con il grill in modo da ottenere la crosticina. Servi caldo.





mercoledì 8 aprile 2015

Non sopporto

Sono una persona che si adatta, che tendenzialmente non rompe le palle agli altri, mi definirei piuttosto diplomatica, non litigiosa, perché lo scontro mi ha sempre messo in difficoltà emotivamente. Ma diventando una donna adulta le mie idee, i miei gusti, il mio carattere sono diventati più solidi e ci sono cose, atteggiamenti, parole che proprio mi urtano e oggi ho una gran voglia di esternarli. Perché? Così, mi va.
Non sopporto:
  • Il finto tonto: chi, facendo finta di nulla, mi passa davanti alla cassa del supermercato. Hai fretta? Me lo chiedi, io sono molto gentile e ti cedo il posto.
  • Il lamentoso cronico: il suo hashtag più usato è #buongiornouncazzo: alza gli occhi al cielo, guarda che bella giornata, c'è sempre un motivo per sorridere.
  • La MacGyver dei capelli: basta un gesto o una matita e ha acconciature fighissime, mentre io continuo a combattere con il mio ciuffo alla Brandon Walsh. (Ah, l'invidia, brutta bestia!)
  • Il banale: l'uomo che immancabilmente si gira per strada per guardare il sedere alle donne. Amico, te lo dico da amico, tutti gli umani ne posseggono uno, anche tu.
  • Lo scaccolatore: il calciatore che  con posa plastica chiude una narice e mi fa vedere le intimità del suo naso in diretta tv. Ma un fazzolettino nell'elastico dei pantaloncini?
  • La gattamorta: alla grigliata campagnola si mette pantaloni bianchi trasparenti per cui non c'è bisogno di immaginazione per vedere il tanga sottostante.
  • Il Bianconiglio: non ha mai tempo. Solo lui lavora (uff, guarda, il lavoro, tu non sai, sono stanchissimo, non puoi capire) solo lui ha figli (eh, ma sai, con un bambino, come faccio?) solo lui ha tutto il mondo sulle spalle.
  • Il convinto: si mette il “mi piace” sul proprio status su facebook. Ahahah, ma che davvero?
  • La animal mother: il mio gatto/cane/canarino/criceto/armadillo è come se fosse un figlio.
  • L'astrologa: come approccio ti chiede “Di che segno sei?” e poi “ma daaaaaaaiiiiii, anche mia cugina di terzo grado è del tuo segno!”. Urca, che combinazione.
  • Le finte salutiste: si cibano di bacche di goji e semi di lino, centrifugano sedani, cavoli neri e forse pure la madre, appena sveglie bevono acqua e limone, ma poi si fanno un selfie con un barattolone di Nutella e patatine commentando “Oggi me lo merito!”. Secondo me ti meriti una badilata.
Mi devo fermare. L'elenco potrebbe andare avanti ad oltranza, ma non sopporto neanche i post troppo lunghi.
L'ultima cosa, dai, sennò non so come introdurre la ricetta di oggi (non sopporto chi si arrampica sui vetri, ma nel mio blog lo faccio): non tollero i fritti unti e pesanti. Quindi, seguite i miei piccoli consigli per un frittino di salvia e cipolla che vi riconcilierà con il mondo, perché la pastella croccante e delle bollicine da accompagnamento vi faranno sopportare la qualunque.

A casa mia...insopportabile!

Salvia e cipolla in pastella

Salvia e cipolla in pastella

Ingredienti per 4 persone

  • 20 foglie di salvia
  • 1 cipolla rossa
  • 4 cucchiai di farina
  • 1 bicchiere di birra ghiacciata
  • Sale
  • Olio di semi per friggere


Preparazione

Taglia la cipolla a rondelle. Lava e asciuga bene le foglie di salvia.



Fai la pastella: metti la farina in una ciotola, versa la birra girando con una frusta per non creare grumi. Io mi regolo molto ad occhio: la pastella deve essere cremosa, ma non troppo densa, quindi aggiungi o meno farina e birra regolandoti in autonomia.



Scalda l'olio in una padella capiente e per capire se l'olio è in temperatura, metti uno stecchino dentro: se si creano delle bollicine intorno è caldo. Passa la salvia e la cipolla nella pastella e poi friggi per circa 1 minuto, fino a quando la superficie non sarà dorata e croccante.




Asciuga il fritto in carta assorbente, sala e servi caldo!


martedì 24 marzo 2015

1992

Nel 1992 l'Italia è stata sulle prime pagine di tutti i giornali del mondo per l'oscar al film Mediterraneo, per Mani Pulite e gli attentati a Falcone e Borsellino, forse il primo avvenimento storico che ricordo veramente. Stasera comincia la nuova serie tv di Sky intitolata appunto 1992 ed io mi sento già catapultata in quell'anno grazie anche alla programmazione televisiva di queste settimane.
Per chi come me è nato negli anni '80, gli anni '90 sono l'inizio della vita vera, il principio di quelle amicizie intense che ancora oggi resistono, dell'entrata nel magico mondo (demmerda) dell'adolescenza. Nel 1992 avevo 12 anni e frequentavo la seconda media. Portavo sempre il cerchietto un po' bombato tra i capelli, ma ero riuscita ad abolire i colletti con gli smerletti ricamati; adoravo degli shorts di velluto color albicocca da indossare con i collant, non sopportavo vestirmi di rosso e il mio negozio di riferimento era Naj-Oleari. Nel 1992 ho fatto i buchi alle orecchie e avevo un fidanzatino con cui mi incontravo furtivamente nei bagni della scuola per scambiarci un bacio – senza lingua, per carità – solo che lui si abbeverava sempre dai lavandini sbavusciandosi tutto e mi sembrava di baciare una lumaca. Poi uno dice i traumi.
Nel 1992 ero nel clou delle feste delle medie, rigorosamente di pomeriggio, con la gonna scozzese bon ton che arrotolavo sulla vita per farla più corta, patatine, panini semidolci, bicchieri con scritto il nome a pennarello e “Hanno ucciso l'uomo ragno” come colonna sonora.
Era l'anno delle sigle scritte sui bigliettini a scuola: dell'intramontabile TVTB, ma anche di SLMMA, sei la mia migliore amica, e di un pericolosissimo e mal riuscito SUGA, che a dispetto della prima maliziosa impressione, voleva dire sei un grande amico. Piccole copy crescono.
Nel 1992 sognavo un amore travolgente come Kevin Costner e Whitney Houston in “Guardia del corpo”, ballavo in cameretta con “Rhythm is a dancer” degli Snap imitando le ragazzine di Non è la Rai. E a dirla tutta era anche l'anno del Pipppero di Elio e le Storie Tese e l'inizio del mio amore per loro.
Beverly Hills 90210 era la serie del momento, ma oggi fa tutto un altro effetto: una lentezza sfiancante, inquadrature finte, dialoghi imbarazzanti, capelli fonatissimi, jeans a vita alta che manco Fantozzi, stampe floreali da far venire mal di testa ad Enzo Miccio. Ma all'epoca – sì, ho scritto all'epoca, vaccaboia - tutte le femmine volevano essere Brenda o Kelly, tutti i maschi volevano essere Dylan o Brandon, tutti i maschi volevano farsi Brenda o Kelly, tutte le femmine volevano farsi Dylan o Brandon: per distinguermi, a me piaceva Steve e avevo un ciuffo come Brandon. Poi uno dice i traumi, #2.
In Beverly Hills i problemi adolescenziali venivano risolti sempre allo stesso modo: con barattoli mastodontici di gelato. Il gelato è l'antidepressivo delle serie americane ed è anche il mio dolce preferito in assoluto.
Il gelato alla crema è il gusto per eccellenza, da mangiare da solo o da abbinare a torte al cioccolato o a tarte tatin tiepide: farlo in casa è semplicissimo e il sapore mondiale, basta avere una piccola gelatiera, anche datata 1992.

A casa mia...flashback!







Gelato alla crema

Ingredienti

  • 300 ml di latte intero
  • 250 ml di panna fresca
  • 3 tuorli
  • 90 g di zucchero
  • La scorza di 1 limone


Preparazione

Porta quasi a bollore il latte con la panna e le scorze di limone.
Separa gli albumi dai tuorli e questi montali con lo zucchero fino ad ottenere una crema spumosa.
Versa il latte sulle uova filtrando con un colino in modo da eliminare le scorze.



Rimetti il composto sul fuoco, mescola con una frusta fino a quando sarà leggermente addensato.
Fai raffreddare la crema, poi mettila nella gelatiera (ricorda di lasciare in freezer il contenitore per almeno 8 ore) e aziona la macchina per circa 40 minuti.




Gusta subito il tuo gelato oppure conservalo in freezer.


giovedì 19 marzo 2015

Io mi ricordo, e tu? Buona festa, papà!

Foto da partecipiamo.it
Il vizietto erano le caramelle Tabù che mi compravi al bar mentre bevevi il caffè.
Quando quel semaforo vicino all'asilo era rosso dovevo fare il lavoretto, quel bacio sulla guancia sporgendomi dal sedile di dietro per far passare qualche secondo e, se era verde, ti baciavo lo stesso ridendo e muovendo i codini.
Quel pianto disperato salutandoti dal lunotto posteriore della A112 perché non venivi con noi a prendere la nave per le vacanze.
Il cronometrare le mie corse da Usain Bolt sul marciapiede tra il garage e casa e i tuoi “Sei stata velocissima”.
La mia manina nella tua manona e quella faccia infastidita quando ti chiedevano “Oh, che bella cita, è tua nipote?” e la mia faccia infastidita perché cita per me era una scimmia.
Scrivere con la mia grafia elementare “Langhe” e “Roero” sulle etichette bianche per il vino appena imbottigliato insieme e ridere perché tutte le volte che dicevo “Roero” mi si arrotolava la lingua per le erre mosce.
Mi piaceva far suonare le corde della chitarra mentre tu facevi gli accordi e cantare “Le carrozze son già preparate...” era la migliore ninna nanna.
Quel gioco che durava il tempo di un ascensore in cui facevamo finta di essere due condomini – Oh, buonasera! Come sta la famiglia? - e finiva che mi invitavi a cena, a casa nostra.
Le litigate perché non ti piacevano le scarpe che compravo, perché non erano “classiche” ed io rivendicavo la moda e i miei gusti personali: avevi ragione, quelle scarpe con la punta quadrata facevano cagarissimo.
Ho un vuoto di noi nell'adolescenza. Ma chi li capisce gli adolescenti?
Quel ballo improvvisato in camera mia mentre lo stereo suonava “Yo romperé tus fotos”, credo l'unica canzone de La Mosca.
La tua lentezza sfiancante nel giocare a carte e i tuoi “putèn” quando sbagliavi. Ma non ho ancora capito in che lingua fosse quell'imprecazione.
La tua delicatezza nel chiedermi al mattino, con la faccia assonnata e i neuroni ancora in catalessi, “posso parlarti?”.
Quella volta che in bagno avevo pianto, mi ero asciugata gli occhi per non farmi vedere, ma tu ti sei seduto sul bordo della vasca e mi avevi chiesto “Vuoi parlare?”. No, non volevo parlare, ma non mi sono sentita sola.
Quell'ultima strana notte di Natale trascorsa su un traghetto a ridere e a bere Corvo bianco.
Quel caffè offerto da me, perché ormai ero grande, in quel sabato uggioso, in quel baruccio sfigato affianco al negozio di abiti nuziali in cui saremmo andati poco dopo, noi due soli, a scegliere il mio vestito da sposa che non mi hai più visto indossare.
Quel sorriso che facevi solo a me.
Io mi ricordo, e tu? Buona festa, papà!


Stamattina ho aperto facebook e sono stata sommersa da status sulla festa del papà, da cuori per i papà, da foto con papà. Che manco mi ricordavo che oggi era la festa del papà. E stamattina neanche il Maritino è stato festeggiato, pessima moglie che sono. Mi è un po' venuta la carogna sulle spalle da pessimismo&fastidio, poi la mente ha cominciato a viaggiare e le dita sono andate da sole sulla tastiera del computer. A volte le parole escono quando meno te le aspetti. E pure le lacrime.
La ricetta di oggi, per nulla programmata, è un soufflè di fave con una salsa al pecorino, un antipasto vegetariano che sa di primavera, perfetto per oggi, perché a mio papà piaceva tanto sgranare le fave, tagliare il pecorino a tocchi e farsi un aperitivo con un bicchiere di vino. Ricordi. Un sorriso. La vita.

A casa mia...oggi è così.

Soufflè di fave con salsa al pecorino

Soufflè di fave con salsa al pecorino

Ingredienti per 6 persone

  • 3 uova
  • 200 g di fave
  • 1 scalogno
  • 50 g di burro
  • 200 g di parmigiano grattugiato
  • 500 ml di panna fresca
  • 2 cucchiai di farina
  • 200 g di pecorino sardo
  • Sale&Pepe
  • Burro per gli stampini


Preparazione

Sbollenta le fave per qualche minuto in modo da poter togliere la pellicina esterna con più facilità. Fai sciogliere il burro in una padella e metti a rosolare lo scalogno tagliato fine e le fave. Regola di sale e cuoci finché le fave non saranno morbide.



In un pentolino metti a scaldare metà della panna con il pecorino tagliato a tocchetti fino a farlo sciogliere e creare una fondutina. Regola di pepe.



Separa i tuorli dagli albumi. Sbatti i tuorli con sale e pepe e aggiungi il parmigiano. Aggiungi la panna rimaste, le fave precedentemente frullate e la farina. Usa una frusta per non creare grumi.
Monta a neve gli albumi e aggiungili al composto delicatamente.



Imburra gli stampini e riempi con il composto. Cuocili a bagno maria nel forno a 180° per circa 30-40 minuti.

Servi lo sformatino caldo con la salsa di pecorino tiepida


mercoledì 18 marzo 2015

Signora, a me?!

C'è un momento in cui la verità ti viene sbattuta in faccia con crudeltà, rimani attonita, scombussolata, e non puoi fare altro che riflettere e farti domande: arriva per tutte il momento in cui per strada, in un negozio o nell'androne di casa qualcuno ti dice “Buongiorno signora”. Signora?! Opporcaccialamiserialadra. Signora, a me?! Ma, ma io andavo al liceo fino a ieri, metto le Tiger con i jeans, ho i capelli lunghi – e si sa, le signore si tagliano i capelli – mi dimentico di mettere la crema sul viso, accumulo i vestiti sul davanzale della finestra, non sempre bevo responsabilmente e scrivo amenità nella chat con le amiche. Io sono una ragazza!
E lasciamo stare il fatto che sono passati quindici anni dalla matura – senti come parlo gggiovane? - che sono sposata da dodici e sono madre di due figlie, questi sono dettagli trascurabili. Fino a quanti anni ci si può considerare una ragazza? C'è un'età in cui si passa ad essere una donna oppure è solo una questione di status sentimentale e familiare? Ho trentaquattro anni, non ho rughe né capelli bianchi, signora a chi?!
Mi sono sposata molto giovane, a ventidue anni, e dopo due anni è arrivata Nanagrande; mentre le mie amiche facevano l'università e raccontavano del tipo che si erano beccate in discoteca, io cambiavo pannolini e avevo tutte le maglie sporche di rigurgito; mentre le mie amiche si compravano una maglietta attillata, io facevo la ola per un'offerta speciale sull'anticalcare; mentre le mie amiche progettavano un weekend di follia al mare, io sognavo solo otto ore di sonno filato. A pensarci, ero molto più una vecchia signora dieci anni fa che non adesso.
Che poi, a dirla tutta, il galateo prevede che una non sia più signorina una volta compiuti i diciotto anni, ma come disse l'anziana nonna toscana di un amico “Oh se una signorina c'ha il buho da signora, come si hama, boia deh?”. Saggezza.
Se c'è una cosa che accomuna ragazze alle prese con lo studio e donne multitasking che incastrano lavoro, figli e casa, è la necessità di caffè. A litri.
Il gelo al caffè è una bomba di caffeina, un dolce che è una vera carica e, presentato a fine pasto, può sostituire il classico caffè in tazzina. Un dolce tipico siciliano, a metà tra un budino e una gelatina, una cicaronata di caffè e zucchero a forma di ciambella con dentro tanta panna montata per affrontare una serata di sculettamenti in discoteca o per una notte insonne a cullare un pargolo urlante.
Va bene, sono una donna. Ma giovane.

A casa mia...sentirsi giovani!

Gelo al caffè

Gelo al caffè

Ingredienti

  • 1 litro di caffè della moka
  • 300 g di zucchero
  • 70 g di maizena
  • 500 ml di panna fresca



Preparazione


Prepara le caffettiere fino ad ottenere un litro di caffè. Fallo raffreddare. Poi aggiungi lo zucchero e mescola con una frusta. Aggiungi la maizena e metti sul fuoco continuando a girare con una frusta per evitare grumi.




Cuoci il composto di caffè fino a quando si addenserà come una crema. Versa nello stampo a ciambella e lascia intiepidire. Riponi nel frigo per almeno 24 ore.




 Prima di servire, sforma il gelo sul piatto da portata, monta la panna ben fredda (se vuoi puoi aggiungere un po' di zucchero a velo) e servi insieme.


giovedì 12 marzo 2015

La ricetta perfetta di Enrica Tesio

La casa di Dora è accogliente, ci si sente a proprio agio e viene voglia di togliersi le scarpe e sedersi sul suo divano con le gambe rannicchiate; bisogna solo fare attenzione a non farsi male pestando pezzi colorati di costruzioni e animaletti di gomma dura che fanno suoni molesti. Le parete sono, secondo me, bianche (dico “secondo me” perché oggi come oggi tutti possono essere daltonici, non capendo più se un vestito è bianco e oro oppure nero e blu), i quadri appoggiati alle pareti, forse per una scelta stilistica, forse perché manca un uomo alto per appenderli.
La casa di Dora è sempre aperta, basta citofonare e si trova sempre un tavolo libero in cucina: gusti semplici, familiari, una bottiglia di vino da stappare, da bere insieme alla padrona di casa tra una chiacchiera e una risata, una citazione dei Goonies, un nostalgico ricordo dei locali dei Murazzi e, quando si è un po' brilli, si può cantare a squarciagola “Ufo robot, Ufo robot...maaaa chi è? Maaaa chi è? Sto cazzoooo!”. C'è anche la sala fumatori, sul balcone. Ma ci si può rollare anche una cannetta senza essere giudicati.
Dora ti propone il suo menù degustazione con grazia e sicurezza, sapendo dosare perfettamente gli ingredienti: risate – di quelle che cominciano con un grugnito perché si tenta di trattenerle e poi ti fanno sussultare la pancia come una danzatrice del ventre – commozione che fa venire l'occhio lucido, riflessioni e pensieri profondi che trovano origine in una bambina che raccoglie pinoli fino ad arrivare ad una donna adulta, che però ne conserva la stessa tenerezza, una mamma che vuole diventare madre. Dora serve pagine da chef stellato, in cui ritrovare la propria identità, perché parlano di lei, della sua vita, dei piccoli Pietro e Micol, del suo ex che è stato l'Amore vero, di gatti “scoleggioni” perché forse troppo felici, di un'amica vera, di un bidello poeta barbuto che gli fa da tata, ma parlano anche di te e della tua vita.
Recensire ristoranti mi è sicuramente più congeniale: descrivere una sala, il servizio, se i grissini sono fragranti o meno, raccontare un piatto nei suoi colori, consistenze e sapori. Ma come disse uno molto (ma molto) famoso, non di solo pane vive l'uomo.
Dora è l'alter ego di Enrica Tesio, “La verità,vi spiego, sull'amore” è il suo primo romanzo, uno di quei libri che vorresti non finissero mai, esattamente come un buon piatto.

Il roastbeef con fragole e vinaigrette di senape è una ricetta primaverile, colorata, allegra, veramente buona. La carne, fatta cuocere poco come gli inglesi ci insegnano, rimane rosata e succosa, le fragole donano dolcezza e buon umore, la senape apparentemente contrastante, unisce tutti i sapori con la sua giusta acidità. Un piatto da assaporare possibilmente all'aperto, il fruscio delle foglie di sottofondo e un libro di fianco a fare compagnia, quello della Tesio, of course, perché lei ha trovato la ricetta perfetta.

A casa mia...”la felicità di un bambino si misura in dita di sporco lasciate sulla vasca”.

Roastbeef con fragole e vinaigrette di senape